Da oggi, ho la splendida opportunità di collaborare con la F.I.C. (Federazione Italiana Cuochi) che ci porterà alla scoperta di alcuni tra i migliori chef del territorio e dei loro meravigliosi piatti. Un’esperienza unica che mi consente di accrescere le nozioni di cucina attraverso una giornata passata con gli chef impegnati nel perseguire una cucina territoriale che rappresenta, per quanto a volte trascurata dalle cronache, il vero patrimonio gastronomico della nostra nazione.

Il primo Cuoco che conosceremo, è il Patron del Ristorante 4.20 (Quattro Venti) di Palermo; Chef Filippo Ventimiglia, che ci racconterà la sua storia e ci insegnerà a preparare due fra i suoi più famosi piatti. La passione del nostro Chef nasce da bambino mentre si dilettava ad osservare la madre e la nonna durante la realizzazione delle loro pietanze. Anche se non interagiva direttamente col piatto, inconsciamente assimilava le prime nozioni dalla cucina popolare palermitana.

Muove i suoi primi passi in cucina all’età di 16 anni, alle Isole Eolie. Le esperienze più importanti che lo hanno maggiormente formato, sono state quello presso diversi ristoranti di lusso come i due anni a Venezia, dove ha lavorato al ristorante dell’Hotel Gritti Palace (5* Lusso), uno dei più lussuosi e prestigioso hotel della laguna, uno stage al ristorante San Domenico di Imola (due stelle Michelin) ed una collaborazione col Bye Bye Blues di Mondello (una stella Michelin). Ha poi viaggiato molto e collaborato con vari locali di diverso genere che hanno arricchito il suo bagaglio culturale. Infine, è diventato ambasciatore della nostra cucina all’estero e più precisamente in Inghilterra.

Per Ventimiglia essere Chef vuol dire principalmente essere una guida ed un leader che tramanda la propria filosofia di lavoro ai suoi collaboratori. Cerca d’essere d’esempio per loro per spronarli a fare sempre del loro meglio. A lui piace definirsi un buon cuoco più che uno chef, a capo di una piccola brigata (con molti dei quali collabora da più di sei anni) che cerca, sempre e comunque, di fare la differenza sul territorio. La sua cucina è una cucina strettamente e prettamente legata al territorio. Moderna ma nata sulle basi di quella che è la cucina tradizionale siciliana. Reinterpretata, destrutturata e rivisitata ma lasciando sempre invariato il gusto della pietanza originaria. Questo vuol dire far si che chi lo gusta, possa ricordare un sapore antico ormai dimenticato. Lo Chef la definisce “una cucina dei ricordi”. I prodotti utilizzati nella sua cucina, così come i vini del suo ristorante, appartengono prettamente alla sua terra, la Sicilia. Il pesce è pescato nel Golfo di Palermo, la carne proviene da allevamenti locali, animali nati e cresciuti in Sicilia, una vera e propria selezione del prodotto di assoluta qualità. Ho chiesto allo Chef Filippo se fosse interessato a comparire ad essere citati in una grande guida come quella Michelin e mi ha risposto che dire che non si è interessati alle famose Stelle Michelin sarebbe solo nascondere le proprie ambizioni, pensa che sia un grande riconoscimento per chi lavora tanto ore in un ristorante con impegno e dedizione.

Scherzando dice sempre che spera di ricevere, per il suo quarantesimo compleanno, la sua prima Stella. Ha ancora sei anni per riuscire nel suo intento ed a giudicare dai suoi piatti non è molto lontano dal successo. Uno degli ingredienti preferiti dallo Chef, è la scorza di limone che gli consente di far sentire il profumo della sua terra in ogni portata. Quello che non mancherà mai in un suo piatto, è lo studio dello stesso per la sua realizzazione e gli ingredienti ed i sapori della sua terra. Ogni abbinamento non deve contenere più di tre o quattro ingredienti. E’ molto importante l’armonia di quest’ultimi, in modo da poterli distinguerli distintamente. In una nazione in cui la domenica ci si sente tutti allenatori di calcio, ormai, complici le trasmissioni che parlano continuamente di cucina, tutti sono diventati anche degli chef stellati. I clienti sono diventati più esigenti ma Chef Ventimiglia non si sente “minacciato” da quest’escalation di “competenze culinarie” anzi, sostiene che i clienti adesso capiscono ancor di più quello che lui fa, conoscono meglio sia la qualità che la materia prima stessa.

Se oggi si parla di Vialone Nano o di Carnaroli, quasi tutti sanno che sono tra le migliori qualità di riso. Sia il lavoro che fa che lo sviluppo dei suoi piatti, non ne hanno quindi risentito. Ho chiesto allo Chef Ventimiglia se preferisse il dolce o il salato e senza batter ciglio mi ha risposto che preferisce il salato. Nel suo ristorante è tutto Home Made, dalla panificazione ai dessert. Un suo amico, scherzosamente, gli ha sempre detto che trovare un cuoco che fa il pasticciere è sempre un valore aggiunto ma il cuoco nasce cuoco ed il pasticciere pasticcere.

Fra i suoi piatti cult troviamo la Parmigiana di pesce (troverete la ricetta dello chef nel prossimo post), gli affumicati realizzati direttamente da lui, la pasta alla carrettiera realizzata con una base di aglio e olio, dei capperi di Salina e del succo di carota che, grazie alla su dolcezza, smorza la salinità del cappero creando un meraviglioso contrasto, completa il piatto una tartare di tonno ed infine, il Polpo arrostito su macco di fava larga di Leonforte (presidio Slow Food) e aria di nero d’Avola (anche di questo piatto lo chef ci ha gentilmente dato la ricetta che troveremo nei post a venire). Ringrazio lo Chef Filippo Ventimiglia per la piacevole chiacchierata e per le sue preziose ricette che verranno postate in seguito. Lo ringrazio anche per i consigli culinari e per avermi fatto vedere come realizzare dei piatti eccezionali. Se passate da Palermo, fate un salto al suo ristorante e non perdete l’occasione di assaporare i suoi piatti colorati, gustosi ed unici.

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